Ogni anno 8,8 milioni di persone in tutto il mondo muoiono di cancro e, sebbene le percentuali di guarigione siano in crescita, si stima che nel 2030 i morti raggiungeranno la cifra di 13 milioni. Sulla rivista BMC Cancer sono stati pubblicati i risultati di un nuovo trial clinico che ha confermato gli effetti benefici del digiuno sulla qualità della vita e la spossatezza, meglio nota come fatigue, durante la chemioterapia in donne affette da tumore al seno e alle ovaie [1]. L’articolo è firmato da un gruppo di ricercatori del Dipartimento di Medicina Interna e Integrativa dell’Immanuel Krankenhaus in collaborazione con l’Istituto di Medicina Sociale, Epidemiologia ed Economia della Salute dell’Università Freie, entrambi di Berlino.
La chemioterapia è ad oggi, insieme alla radioterapia e alla chirurgia, il trattamento più utilizzato e più efficace contro il cancro. Tuttavia, la riflessione sui benefici della cura da un lato e sulla qualità della vita dall’altro resta aperta tra i pazienti che devono affrontare le terapie oncologiche imposte dal protocollo. È per tali ragioni che la medicina moderna sta cominciando a contemplare anche in ambito oncologico le opportunità offerte dalla sperimentazione di nuove sinergie terapeutiche. In questo quadro, un riconoscimento particolare merita la pratica del digiuno, alla luce dei promettenti e sempre più numerosi risultati che provengono sia dalla ricerca di base che da quella applicata.
Lo studio dei ricercatori tedeschi ha visto il reclutamento di 34 pazienti, di età media di 51 anni e non inferiore a 18, con diagnosi di tumore al seno o tumore alle ovaie e indicazione clinica di trattamento chemioterapico standard. Il programma di digiuno cominciava 36 ore prima e terminava 24 ore dopo la chemioterapia ed è stato svolto secondo due modalità: un primo gruppo, circa metà dei pazienti, si è sottoposto al digiuno nella fase iniziale dei cicli di chemio, mentre il secondo gruppo nella fase finale. Durante il periodo di digiuno, i pazienti potevano assumere una dieta mima digiuno che conteneva the, succhi di verdura e brodo vegetale per un totale massimo di 350 Kcal al giorno. I pazienti sono stati monitorati per tutta la durata del trattamento e, in tutti i casi esaminati, il digiuno si è rivelato tollerabile, causando soltanto episodi comuni di mal di testa, nausea o senso di fame che non interferivano comunque con le normali attività quotidiane. Anche la perdita di peso e la riduzione dell’indice di massa corporea, tipiche conseguenze della chemioterapia, sono state contenute, con un valore medio di variazione inferiore ad 1,5 Kg in entrambi i gruppi. Il miglioramento in termini di qualità della vita e riduzione della fatigue è stato più evidente per i pazienti che si sottoponevano al digiuno nella fase iniziale dei cicli di chemio. La spiegazione di questo risultato potrebbe essere attribuibile a diverse ragioni, tra queste in primis che il digiuno sembra più efficace nel prevenire gli effetti collaterali della terapia piuttosto che nell’alleviarli quando si sono già manifestati.
Il risultato di questo studio pilota è certamente incoraggiante, ma è necessario muoversi con estrema cautela in proposito, per evitare potenziali rischi per la salute dei pazienti. È importante sapere che non tutti i pazienti oncologici possono sottoporsi al digiuno. Valori di indice di massa corporea inferiori a 19 Kg/m2, fragilità e presenza di patologie cardiovascolari o autoimmuni sono incompatibili con il digiuno terapeutico. Per tutti gli altri, il digiuno durante i trattamenti chemioterapici è praticabile oltre che efficace. Questo studio si aggiunge e conferma i risultati di studi sperimentali precedenti che, a partire dal 2008, hanno dimostrato l’efficacia del digiuno terapeutico contro effetti collaterali nei topi, ma anche in vari studi clinici pilota con numeri di pazienti reclutati ancora bassi. Indipendentemente dal tipo di tumore, protocolli diversi di digiuno in combinazione con la chemioterapia si sono rivelati sicuri ed in grado addirittura di migliorare gli effetti collaterali dovuti ai trattamenti farmacologici [2-4]. Il potere del digiuno come terapia adiuvante è quello di favorire attraverso le condizioni ambientali un migliore riconoscimento delle cellule tumorali da parte dei farmaci. Infatti, nonostante i farmaci antitumorali siano sempre più specifici e selettivi, la loro azione sulle cellule sane in attiva proliferazione, come quelle del sangue, dei follicoli piliferi o degli organi riproduttivi, resta inevitabile. Al termine della terapia e nella maggior parte dei casi, queste ultime riprendono la propria attività normalmente, ma è innegabile che il problema della citotossicità possa avere conseguenze sia sull’efficacia della terapia stessa, causando episodi di resistenza ai farmaci, che sulla formazione di tumori secondari, questo in seguito a diversi anni di trattamento.
In condizioni di scarsa presenza di nutrienti (digiuno), le cellule tumorali acquisiscono una maggiore sensibilità ai farmaci antineoplastici rispetto alle cellule normali. Questo fenomeno, associato ad un diverso comportamento metabolico tra cellule sane e cellule malate, prende il nome di resistenza differenziale allo stress ed è altamente conservato dagli organismi più semplici a quelli più complessi, come l’uomo [5-6]. Dal punto di vista biochimico, l’effetto protettivo del digiuno si traduce in una riduzione importante dei livelli ematici di glucosio, insulina e IGF-1 (Insulin-like Growth Factor), che sono considerati fattori di rischio per l’insorgenza del cancro. In un tale contesto, in cui l’efficacia dei chemioterapici viene potenziata naturalmente, si riduce la necessità di aumentare le dosi degli stessi o di svilupparne di più aggressivi. Avere investito e continuare ad investire nella ricerca ha un costo importante, ma rappresenta una risorsa insostituibile in termini di benefici tangibili per i malati.
Il digiuno potrebbe rappresentare un punto di svolta nella implementazione delle terapie oncologiche convenzionali con il vantaggio di non richiedere eccessivi investimenti e di essere potenzialmente efficace sia nel proteggere contro varie terapie oncologiche sia nell aumentarne la loro tossicità anti-tumorale. Ulteriori trials clinici saranno tuttavia necessari per aumentare il numero di casi studio ed ottenere così un riconoscimento unanime da parte della comunità scientifica.
Fonti:
- Bauersfeld S.P. et al. (2018) The effects of short-term fasting on quality of life and tolerance to chemotherapy in patients with breast and ovarian cancer: a randomized cross-over pilot study. BMC Cancer 18: 476.
- Safdie F.M. et al. (2009) Fasting and cancer treatment in humans: A case series report. Aging (Albany NY).1:988-1007.
- de Groot S. et al. (2015) The effects of short-term fasting on tolerance to (neo) adjuvant chemotherapy in HER2-negative breast cancer patients: a randomized pilot study. BMC Cancer 15:652.
- Dorff T.B. et al. (2016) Safety and feasibility of fasting in combination with platinum-based chemotherapy. BMC Cancer 16:360.
- Lee C and Longo VD. (2011) Fasting vs dietary restriction in cellular protection and cancer treatment: from model organisms to patients. 30:3305–16.
- Raffaghello L. et al. (2008) Starvation-dependent differential stress resistance protects normal but not cancer cells against high-dose chemotherapy. Proc Natl Acad Sci U S A 105:8215–20.
NICOLETTA GUARAGNELLA
Ricercatrice Istituto di Biomembrane,
Bioenergetica e Biotecnologie Molecolari del Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Bari Comunicatrice Scientifica